Contenuti virali: se hai un profilo social, cucinare male aiuta!
Storia di un piatto venuto male, trasformatosi in un bel caso di studio. Senza mezzi termini, oggi vi racconto di quando i contenuti virali insegnano le dinamiche dei social network.
La storia che vi racconto oggi è quella di un clamoroso (e virale) successo di un post personale, che – come sempre accade in questi casi – mi ha insegnato molto sulle dinamiche da social.
E sono proprio questi eventi fortuiti – per quanto preparati e costruiti con quel minimo di mestiere ed esperienza sul campo – che forniscono nuove informazioni e/o conferme su come gestire un profilo Facebook, Instagram, LinkedIn e così andando per la nostra azienda (e quindi, anche la tua).
Fine della premessa: andiamo al sodo.
Hai passione e competenze? Raccontale nel modo giusto, sui tuoi canali digital
Questo concetto, semplice e basilare, è alla base di qualsiasi attività di comunicazione online e offline: sappiamo fare qualcosa, pensiamo di farla bene e che possa interessare a qualcuno (e se facciamo business quel qualcuno è un potenziale cliente).
Ottimo: ora si tratta di raccontarla con i modi e toni del caso al nostro target. In sostanza, si tratta di raccontare la verità su noi stessi e sulla nostra attività, se possibile con informazioni attendibili e verificabili.
Nel caso di specie (del tutto personale) si tratta della mia personalissima passione per la cucina, che mi ha insegnato tanto su SEO e Posizionamento sui Motori di ricerca qualche anno fa grazie alla mia amatriciana.
Una passione che, causa COVID, ho potuto tecnicamente affinare negli ultimi 18 mesi: nuove ricette, nuove competenze (in particolare su lievitati e pasta fresca, rigorosamente fatta a mano) che ho costantemente proposto al mio pubblico, di amici anelanti a una cena a casa mia, sui miei profili personali (e con un progetto di blog e di home restaurant ancora nel cassetto, in attesa di essere ufficialmente lanciato).
Cucinare bene o cucinare male per creare contenuti virali?
La domanda è pertinente ma la risposta corretta, come vedremo poi e come spesso (anzi, sempre) avviene, dipende dal contesto in cui questa viene posta.
È chiaro che se inviti gli amici a cena, o se hai velleità da home chef (se e quando si potrà tornare a farlo senza patemi d’animo e senza paventare ricoveri e tamponi…) ti conviene cucinare bene e pure tanto.
E qui, senza tema di smentita (ho prove e testimonianze in quantità) posso affermare che, se passi da casa mia e pranzi/ceni con me e mia moglie, te ne esci pieno e soddisfatto.
E quindi, tornando ai 18 mesi di lockdown “a singhiozzo”, ciò che ho fatto e continuo a fare è quello di “tempestare” (con una certa regolarità) i miei amici con i manicaretti che “sforno” e “impiatto” per il piacere della mia tavola e della mia famiglia.
Per quanto un profilo personale non dia la possibilità di avere dati sulle persone raggiunte (e quindi di poter valutare le percentuali di interazione), i feedback – in termini di like/commenti, ma soprattutto in termini di gente che ti ferma per strada e ti dice “smettila con quei post, che mi fai ingrassare, o almeno invitami a cena” – che ricevo mi dicono che ho un pubblico abbastanza fedele, che mi legge, segue e invidia mia moglie (lato femminile della fan base) e mi odia (i mariti delle sopracitate mogli, che gli rinfacciano il “marito bravo di quell’altra”, ma questa è un’altra storia).
Ma è un pubblico limitato, ristretto che conosco personalmente.
Per finire questa lunga e forse tediosa premessa, qui sotto c’è un esempio di post “tipico” a sfondo culinario.
Niente di che, ma neanche così male no?
Potrei sparare numeri a caso e pensare che, ipotizzando, su un post del genere, un tasso di interazione del 10% questo post possa aver raggiunto tra le 400 e le 500 persone, ma – davvero – non è questo lo scopo di questo articolo, ma teniamoci buono questo 10%, tornerà buono tra un pochino.
Cucinare male, succede
Il bello della storia (e la parte interessante) arriva ora: sbagliano anche i migliori, figuriamoci se non sbaglio io…
…succede che in una calda sera di luglio i grissini impastati con amore, e con lievito madre, da mia moglie, arrivano al punto giusto di lievitazione verso le 23 e 15. Andando oltre, sarebbero immangiabili.
Si rende necessario accendere il forno, riscaldarlo a 170° e cuocere i sopracitati grissini per 10-12 minuti. Detto, fatto e, nell’attesa, ci si guarda qualcosa sul divano alla TV. Son 10 minuti, il timer non serve.
A un certo punto un odore acre ti avverte, nel sonno, che forse di minuti ne son passati più di 10-12, tipo 180-190.
La casa è invasa da una nuvola di fumo che promana dal forno (sì, fortuna le finestre aperte, son vivo per miracolo), i grissini si sono trasformati in carbone.
E non vuoi celebrare la cosa, la mattina dopo con un bel post che ritrae il tuo “capolavoro”?
Questo è il post sul profilo personale.
E qualcuno direbbe… beh, a livello di numeri cosa ti è cambiato? Nulla! 35 “mi piace”.
E io risponderei, hai ragione, ma intanto ci sono 31 commenti e sono proprio quelli che hanno fatto davvero la differenza.
Il primo è il commento della ex “alunna” – a uno dei corsi di web marketing che tengo regolarmente da qualche anno – che ti fornisce la dritta giusta. Voi lo conoscete il gruppo “Cucinare Male”? Io, almeno fino a luglio 2021, no.
Controllo il gruppo, vedo che effettivamente è un canale molto nelle mie corde (visti i toni ironici e sarcastici di chi celebra i propri disastri culinari) e mi dico che sì, lo pubblico anche lì.
Il secondo è quello dell’amica che tira fuori il commento geniale.
Metto assieme le due cose e, nel pomeriggio di quel fausto 21 luglio, metto assieme un nuovo testo – più adatto al gruppo (di cui ancora non facevo parte) in cui avrei dovuto postare il mio “capolavoro”.
Vado, pubblico e aspetto speranzoso che il post sia accettato e pubblicato. In questo potendo contare su una community di oltre 700.000 adepti.
Questo è quello che è successo… semplicemente “il delirio”. A distanza di qualche minuto iniziano ad arrivare i primi commenti (ai quali ho diligentemente risposto, perché la prima regola del buon social media manager è se ricevi un’interazione, rispondi a quell’interazione) e così ho continuato a fare per i 7-10 giorni successivi.
Insomma, un po’ il numero di commenti, sicuramente un po’ anche le numerose condivisioni e il post (non sponsorizzato) è rimasto “vivo” per un paio di settimane (che per le dinamiche di Facebook è una situazione prossima al miracolo): certo, ci è voluto del lavoro e del tempo dedicato a rispondere con un cuoricino o una frase simpatica a ogni commento, ma se il risultato è favorire la viralità di un contenuto è stato tempo ben speso.
Come dire? Io, su un mio post personale, quasi 12.000 likes e tutti quei commenti (e soprattutto le 123 condivisioni) posso solo sognarli. Ho avuto i miei 10 giorni di notorietà su Cucinare Male e posso tornare ai fornelli a cucinare bene, come al solito.
Ma in tutto questo ho ricavato diverse informazioni e conferme sulle cose che faccio quotidianamente, assieme ai miei colleghi per i nostri clienti.
Provo a riassumerle sotto.
Conclusioni
Le regole per la scrittura di un buon post (ammesso che ce ne siano, ma ho il sospetto che ciò che sto per scrivere si avvicini molto alla realtà) sono poche e semplici:
- Tira fuori una buona idea o, meglio ancora, unisci più idee di un gruppo di persone (magari la tue e quella del tuo cliente, che sul tema, ne sa molto più di te)
- Cerca di individuare il giusto target e il giusto canale (e se te lo suggeriscono, non essere permaloso, ringrazia, verificalo e utilizzalo, non puoi “conoscere tutto”)
- Scrivi un testo adatto al tuo target e al canale che utilizzerai (non sempre il sarcasmo e l’autoironia è utilizzabile, ma quando si può, è una manna dal cielo)
- Gratifica il pubblico che interagisce e ti fa il dono di un commento, commentando a tua volta o “cuoricinando” il commento: lui/lei te ne sarà riconoscente, anche in futuro
- Ricorda che oggi ti è andata bene, domani è un altro giorno e non è detto che sia sempre così: ma i numeri e le informazioni che ricavi da ogni attività (anche quelle fallimentari) arricchiranno il tuo patrimonio di conoscenze e, soprattutto, ti consentiranno di essere sempre più in linea con il tuo pubblico.
In definitiva, un post di successo e virale può anche capitare (e capita) ma non si può sempre improvvisare, il successo – o almeno le condizioni per cui questo si possa verificare – si programma e qui il talento può aiutare, la l’analisi e la verifica dei numeri diventa determinante.
Il percorso, apparentemente, è semplice e in realtà lo è o, meglio, lo diventa con l’esperienza e con lo scambio continuo di idee tra colleghi, team di lavoro e cliente.
E quando si crea questa Simbiosi, il successo – ancorché programmato – è garantito.